Mariapia Veladiano – La vita accanto

Einaudi *Einaudi Stile libero big* (2011), 170 pagine, 16 euro

La vita accanto (fra i dodici candidati al Premio Strega) segna l’esordio di Mariapia Veladiano, un’autrice alla sua prima pubblicazione che ha la maturità di una scrittrice con alle spalle una carriera affermata e una sicurezza ormai acquisita.
Il tema incuriosisce e induce a darle fiducia fin dalle prime battute: la storia di una bambina, Rebecca, che a differenza delle sue coetanee, soprattutto nei romanzi dolci e belle quasi per antonomasia, è brutta. Veramente brutta. Non riusciamo nemmeno a immaginare quanto e “come” sia brutta. Tanto brutta che lei stessa dice: Mia madre si è messa a lutto quando sono nata, la sua femminilità si è seccata crudele e veloce come il ricino di Giona, tutto in un momento. E ancora: Io sono brutta. Proprio brutta. Non sono storpia, per cui non faccio nemmeno pietà.
Fa tenerezza Rebecca, appare fragile e bisognosa di appigli in una vita tormentata dal suo aspetto che allontana e respinge perfino una madre. Madre che è un personaggio centrale del romanzo, articolato e intenso, colei che dovrebbe amare incondizionatamente e proteggere e che invece non riesce ad amare nemmeno se stessa. Fra le ancore di salvezza, la prima è la tata Maddalena (l’immagine della piccola che le stringe la mano in un momento di difficoltà è emblematica del ruolo pacificatore e protettivo); lei, scudo e protezione contro il mondo che sferra i suoi colpi senza avere pietà di una bambina; la sua unica amica Lucilla, balbuziente, cicciottella e pettegola che supera ogni pregiudizio e le si lega indissolubilmente; la maestra Albertina, maestra vecchio stampo che difende i suoi alunni più deboli dagli attacchi di genitori cattivi e pieni di inutile astio. Rebecca in realtà è forte, determinata, sempre alla ricerca di una ragione nell’assurdità della vita che le scorre accanto; e il romanzo acquista, attraverso le conquiste della bambina, un aspetto solare e ottimistico, che alleggerisce il tema e lo spirito di fondo.

Rebecca sviluppa una dote innata per la musica, attraverso cui parla, dietro le note della quale si nasconde e si svela allo stesso tempo e tesse rapporti di amicizia con l’anziano maestro e la madre dal carattere a dir poco originale, a cui la accomuna una certa stranezza e una – insolita, con una differenza di età così grande – comunione di pensiero.
Forse l’essere brutta fa di Rebecca una bambina già cresciuta, per la cui infanzia e purezza non è necessario avere riguardo; tanto la vita è stata crudele con lei e allora perché crearsi problemi?
Ed ecco che l’infanzia, età dell’oro, per lei diventa un’esperienza dolorosa, fatta di perdite, rifiuti, lontananze, pregiudizi.  Il tempo delle elementari nel mio ricordo somiglia a quei giochi sospesi sopra spirali di molle compresse. Sono innocui finché stanno nelle loro scatole di cartone, ma feriscono in pieno viso se li si apre distrattamente.

La storia è talmente intensa e magistralmente scritta che spesso accade di dimenticare “la bambina brutta” che è costretta a nascondersi dalla sua stessa vita per vivere una “vita accanto” e trovarsi immersi nelle vicende di una piccola grande donna e dei suoi antagonisti. I personaggi sono delineati alla perfezione e mai descritti. Non si immaginano, si scoprono, si incontrano, si riconoscono. Come nella vita, si amano e si odiano (esempio fra tutti, Erminia, la zia prepotente che impone la sua presenza come un macigno davanti a una grotta).

Leggendo questo romanzo si pensa alla poesia. Se ne legge sempre meno, se ne pubblica pochissima. Forse la naturale evoluzione della poesia in versi è una prosa poetica, dalle immagini forti e fortemente evocative e dalla melodia delle parole quale è in questo romanzo.
Chiude la storia un’immagine lirica, di grande speranza e riscatto che come una folata di vento profumato di fiori fa sbattere un’imposta e riporta, nostro malgrado, all’occupazione “altra” al di fuori della storia, alla nostra che a volte e per tanti motivi è una vita che ci scorre accanto.

Letto non solo perché fra i dodici candidati al premio Strega, ma anche perché insignito del premio Calvino (prestigioso per gli esordienti) e garantito dalla firma di Severino Cesari, editor storico di Einaudi e “papà” della collana Einaudi stile libero big che ha dato nel tempo tante soddisfazioni ai lettori.

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