Il secondo romanzo di Mariapia Veladiano. Finalmente

Mariapia Veladiano, Il tempo è un dio breve, Einaudi *Stile libero Big* (2012), 232 pagine, 17 euro

“Quello che bisogna fare è non desiderare nulla, amare tutto. Tutta la vita. E sperare”.

il-tempo-e-un-dio-breveUn anno e mezzo fa facevo il tifo per La vita accanto di Mariapia Veladiano candidato al premio Strega. Adesso che ho letto anche Il tempo è un dio breve penso che lo Strega non “meritasse” Mariapia Veladiano, così lontana da storie troppo spesso nate per andare in pasto al pubblico.
Mariapia Veladiano ha un dialogo profondo, misurato, sincero e intimo con i lettori che la scelgono. Perché un romanzo di Mariapia Veladiano si sceglie. Si cerca. Si aspetta. Non capita. Non è di quei romanzi che giri fra gli scaffali della libreria e “quasi quasi lo prendo, vediamo com’è”.

Un suo libro va ascoltato, letto lentamente; le parole si sentono, le frasi scolpiscono nella mente e ti rimangono dentro. Come un incontro del destino.
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Stregati 2: la cinquina!

Le streghette aspettavano con ansia la notte del 15 giugno, ossia quando gli Amici della Domenica (430 per essere precisi) avrebbero votato e scelto i cinque finalisti fra i dodici di questa sessantacinquesima edizione del premio Strega.
Mentre gli Amici sorseggiavano liquore e votavano, noi incrociavamo le dita, sperando che almeno due dei nostri preferiti entrassero nella cinquina. Dita anchilosate, ma ne è valsa la pena. In chiusura di post, qualche ostico pronostico (che in fondo non pronostica nulla, ma i pronostici alla fine quanto valgono?)
Come si dice, la giuria ha così votato:

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Mariapia Veladiano – La vita accanto

Einaudi *Einaudi Stile libero big* (2011), 170 pagine, 16 euro

La vita accanto (fra i dodici candidati al Premio Strega) segna l’esordio di Mariapia Veladiano, un’autrice alla sua prima pubblicazione che ha la maturità di una scrittrice con alle spalle una carriera affermata e una sicurezza ormai acquisita.
Il tema incuriosisce e induce a darle fiducia fin dalle prime battute: la storia di una bambina, Rebecca, che a differenza delle sue coetanee, soprattutto nei romanzi dolci e belle quasi per antonomasia, è brutta. Veramente brutta. Non riusciamo nemmeno a immaginare quanto e “come” sia brutta. Tanto brutta che lei stessa dice: Mia madre si è messa a lutto quando sono nata, la sua femminilità si è seccata crudele e veloce come il ricino di Giona, tutto in un momento. E ancora: Io sono brutta. Proprio brutta. Non sono storpia, per cui non faccio nemmeno pietà.
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