Che bella voce Paolo Nori!

agguato all'incrocioLa casa editrice Marcos y Marcos si è sempre distinta per un istinto e una ricerca dei due editori (Marco Zapparoli e Claudia Tarolo) fuori dal comune. Come due segugi, fiutano scrittori preziosi in ogni parte del mondo, traduttori eccezionali, e li portano nella loro bella “casa”. Da cui escono “impacchettati” con una copertina sempre efficace (Lorenzo Lanzi si batte a fatica) e una “confezione” perfetta.
Quindi, leggere uno dei loro autori è una garanzia.

Conoscevo Paolo Nori solo di nome; poi ho “incontrato” il suo Manuale pratico di giornalismo disinformato e ho trovato tutto quello che cerco in un ottimo libro. Paolo Nori è un mago delle parole, una voce che non smetteresti mai di ascoltare, un autore che riconosceresti fra un milione.
Dopo aver letto anche una sola pagina scritta da lui ti viene voglia di leggere tutto quello che ha scritto, scrive, scriverà. (Per le crisi di astinenza c’è il suo sito, questo).
Perché Paolo Nori non solo scrive in maniera formidabile (inutile utilizzare etichette, classificazioni di stile, paragoni; tempo perso), ma è ironico, fa ridere da morire, fa riflettere, fa pensare senza che il lettore se ne accorga. Fra una risata e l’altra (come non ridere quando parla dello “scrittore che è stato ucciso dalla camorra” e che “si vede che gli han sparato a salve, perché lo vedo tutte le sere in televisione”), ci si trova a pensare a cosa sia diventata l’informazione oggi, su come si formino le professionalità della comunicazione, perfino su come si scriva un romanzo oggi e chi siano – diventati – i lettori. E si riflette con quel misto di leggerezza e profondità che Nori porta avanti in questo lungo (ma non abbastanza, dispiace chiudere il libro) monologo – in realtà una deposizione – di Ermanno Baistrocchi (ex editore ne La banda del formaggio, scrittore – e insegnante di giornalismo disinformato – in questo romanzo).

Il piacere di leggere è tale da scacciare subito la curiosità di risolvere il giallo che accoglie: un cadavere viene ritrovato sul tavolo della cucina di Baistrocchi. La cosa stupenda è che non si insegue per tutto il libro (come ormai sempre più spesso capita nei gialli tirati via, in cui l’unico interesse è la soluzione e poco altro) l’assassino, ma ci si gode il viaggio, si rimane in ascolto, con la fame di andare avanti per godere della scrittura, come si gode di un bel paesaggio fuori dal finestrino.
Va a finire che il libro si divora, ma non ci si sente sazi. E si passa a un altro, e poi un altro e un altro ancora, come le ciliegie.

Jhumpa Lahiri: e il cerchio si chiude

Jhumpa-Lahiri
Jhumpa Lahiri ha scritto un libro in italiano, In altre parole. Senza traduttore, ma solo con amore e con tanti amici (come dice lei stessa) che le davano consigli. La prima cosa che mi sento di fare è ringraziarla per aver reso omaggio alla nostra lingua (che conosce molto meglio di tanti italiani) e ai nostri scrittori, classici e contemporanei che ha letto e amato (molto più di tanti italiani).

Un’opinione critica (nel senso primario di “valutazione e analisi”) del libro viene proprio da lei nelle ultime pagine: si potrebbe dire che la mia scrittura in italiano sia una specie di pane sciapo. Funziona, ma il solito sapore non c’è. Forse troppo critica verso la sua esperienza, ma in fondo non ha torto: il sapore dei suoi precedenti romanzi e racconti è talmente eccezionale, speciale, che la sua scrittura in italiano, seppure ottima, perde un po’ di sale.

Il sapore, lo stile, il modo lieve, delicato di raccontare è uno degli aspetti principali che mi fanno tornare con fame sui sui libri. Le storie sono speciali, si seguono con piacere, tutte. Sono storie importanti, che scoprono il nervo delle origini, delle tradizioni, che forse, da come si evince, vanno “allontanate”, a volte rinnegate per essere poi riscoperte e amate, rispettate. Ma il sapore che riesce a dare alla narrazione, la sensazione che il lettore (almeno io) prova nel leggere Jhumpa Lahiri rende veramente eccezionale una scrittrice che amo e seguo fin dal suo esordio. Ovunque ti trovi a leggere, lei ti porta sulla tua poltrona preferita, accoccolata sotto la coperta più morbida e calda che hai, con il tuo maglione più comodo e una tazza di tè zenzero e cannella da sorseggiare all’infinito. Magari con il camino acceso. La sua scrittura scalda il cuore, coccola, culla, come una bella favola a un bambino che sta per addormentarsi. Nonostante i temi forti, importanti, è una carezza.
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I social portano consiglio (non leggere è impossibile)

libreriaNon leggere, non avere voglia di aprire un libro e scoprire, assaporare, assorbire le storie che ti può raccontare, oggi è proprio impossibile. Fra Facebook, Twitter, festival letterari e qualche programma tv fatto in maniera intelligente, arguta e finalmente accattivante, è proprio impossibile.

Iniziamo dai social network e quindi da Facebook e dalla pagina della casa editrice Marcos y Marcos. Non si può non notare una bella (e tenera, ammettiamolo) copertina, illustrata dallo storico e mitico Lorenzo Lanzi che fa da contraltare perfetto a un titolo che solo a leggerlo ti commuove: A chi vuoi bene di Lisa Gardner. Qui la scheda da leggere e il primo capitolo, il prologo e l’incipit da ascoltare. Vi convinceranno! Continua a leggere